Cappelletti in brodo

Cappelletti

Quando si parla dei Cappelletti al di fuori della Romagna, vengono spesso confusi con i tortellini anche se la differenza sostanziale è nella loro anima. Se, infatti, il ripieno di questi ultimi contempla anche la carne, i cappelletti romagnoli prevedono un compenso realizzato esclusivamente con formaggio. A dire il vero, sarebbe corretto utilizzare il plurale. Anche se ogni “azdora” ha la propria ricetta, tendenzialmente si tratta di un mix di ricotta, formaggi molli freschi – come ad esempio lo squacquerone di Romagna -, l’immancabile parmigiano unitamente a uova e un pizzico di noce moscata.

Proposti dal nord al sud del nostro stivale, con ricette rivisitate e fatte proprie da ciascun territorio, esistono varianti consolidate anche dalla tradizione culinaria. Ne sono un esempio i cappelletti all’uso di Romagna, di cui parla Pellegrino Artusi nel libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, che prevedono al loro interno un trito di mezzo petto di cappone cotto nel burro o, in alternativa, magro di maiale.

Sono così chiamati per via della loro forma, che evoca quella di un cappello, data loro dalla chiusura rigorosamente a mano. Si sposano bene sia con condimenti di carne e che eviti in brodo bollente, piatto – quest’ultimo – che generalmente non manca sulle tavole della Romagna durante le feste natalizie.